Acque tranquille che riflettono filari di alberi in sapiente prospettiva, o scorrono lievi (par di sentirne il mormorio) e si perdono in una azzurra lontananza; fiori che spiccano con i loro colori sul verde delle foglie; dolci colline che si incurvano all’orizzonte “come labbra che un divieto chiuda”, per custodire il segreto dell’arte di Ilario Menegaldo: che è poi quello della bellezza. La pittura di Ilario, infatti, non solo coglie le forme familiari del paesaggio veneto, paesaggio dolcissimo dalle forme tenere e dai colori sfumati, nella magia del loro aspetto che muta con il variare della luce e lo scorrere delle stagioni, ma trasfigura e impreziosisce gli angoli nascosti e gli scorci ambientali che sfuggono allo sguardo distratto del passante assorto e frettoloso, e ne svela il fascino discreto: ecco allora, che la pozzanghera tra l’erba diventa un limpido specchio, e il fossatello, che scivola tra i sassi, un rivolo di luce che freme tra le ombre degli alberi chini al suo passaggio; il cespuglio selvatico, fiorito di rustiche corolle, diventa una gentile offerta di tinte preziose, e la nebbia sottile, che sfuma i contorni delle cose, un’atmosfera ovattata e sognante che avvolge tutto in un abbraccio di estenuata quiete. Prof. Lino Serena (Treviso, 21/5/2003)
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