Ilario Menegaldo
coglie, con grande sensibilità, scorci di natura, per lo più paesaggi fluviali veneti, di corsi d’acqua piccoli, ma ricchi di storia e ricordi, ne ritrae la bellezza, mostrando, con grandi spazi aperti e luminosi, il suo amore di libertà.

Classifica con acribia e individua tipicità in un sistema di nessi toponomastici, evidenziato dai titoli, usando spesso iperonimi.

Poi elabora, addensa il senso di mistero, trasforma, evoca alterità semantica, sintetizza, essenzializza, semplifica, esclude, rigoroso, il superfluo, sfuma la riconoscibilità, espunge dalla rappresentazione, quasi fosse fuori del tempo, ogni tratto effimero.

Ecco allora che la tecnica, olio su tela, è solenne e raffinata, frutto di accorta pianificazione e severa coerenza interna.

Non inganni dunque l’apparente disordine delle non infrequenti pennellate sintetiche, veloci e dense.

I dipinti esposti, normalmente, di dimensioni non grandi, evocano atmosfere di impressionismo veristico en plein air.

Vengono in mente analogie con singoli grandi pittori, per senso di pace, che danno la malinconia bucolica della campagna e la partecipe intimità, che invita lo spettatore a entrare nell’opera, divenendone protagonista.

L’utilizzo dello spazio pittorico, per l’impiego sinergico ed efficiente di espedienti tecnici convenzionali, evidenzia imponente profondità prospettica, ove lontani intrichi di fogliame accentuano freschezza e vita.

L’aumento del numero delle tonalità dà all’occhio, che si affanna a percepirle tutte, nuova impressione di spazio, mentre la luce, ricca di valenze positive, spara, estende lo spazio stesso, facendolo deflagrare, ed è luminosità, diffusa negli sfondi, tessitura cromatica copiosa di differenze, ma armoniosamente fusa nell’accuratezza sintattica dell'impianto pittorico.

Sapienti baleni di luce accendono l’incanto di nuovi riflessi, il cui splendore è reso, in ogni nuance, dallo sfavillio dell’alba, ai bagliori del tramonto, e ombre, che si tingono di colore, recuperano profondità, spessore, spazio, volumi e toni.

Il colore, per ricchezza di effetti timbrici di accostamento, e vasta gamma di valori tonali, gradazioni, intensità, enfatizza i sentimenti e la loro profondità, concretando dolci, lirici, ma virili abbandoni.

Cospicuo esempio di alterità semantica è il senso di mistero della natura e la cura di essa è importante evocatore metonimico di presenza umana, senza bisogno, nè voglia di dipingere manufatti di qualsiasi genere, che sicuramente non disturberebbero, ma forse sarebbero superflui.

Gli esiti suggestivi, di apparenti semplicità e convenzionalità della proposta pittorica, sono in realtà frutto di rara professionalità, che non si stanca di mille e mille riprove: l’artista, invece di descrivere ciò che, per competenza tecnica, potrebbe agevolmente fare, racconta ciò che gli piace: la natura, che dà gioia, è fonte di consolazione, allontana dall’animo mestizia e pensieri negativi. Nelle mostre è sempre stato unanime il consenso per l’opera del Maestro, presente oggi in molte collezioni, perché evidenzia verità personali, concrete, vissute, lirico-narrative, ed è invito implicito a rispettare la natura, il cui delicato equilibrio è irreversibile. Questo modo di dipingere è maturo, creativo, con alto grado di personalizzazione, autonomo; dallo slancio abilmente dosato, di accuratezza tecnica, di rielaborazione colta, con interventi di raffinata eleganza, e al tempo stesso, di grande dignità, per la peculiarità del rappresentato, la cui alterità semantica imprime la capacità diacronica dei modelli classici.

      Prof. Flavio Andreoli (10/10/2005)

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